LOUIS-CLAUDE DE SAINT-MARTIN UN MAESTRO ANCORA ATTUALE
di Augusto Vasselli*
Louis Claude de Saint Martin (nato a Amboise il 18/01/1743 e morto a Aulany il14/10/1830), è stato ed è certamente ancora un personaggio di rilevo nel panorama riferito al mondo della tradizione, segnatamente quella occidentale.
Le sue esperienze, nel contesto esoterico, furono ampie e variegate. Appartenne all’Ordine degli Eletti Cohen, fondato dal Martinez de Pasqually, nel quale sono ripresi riferimenti derivati dall’antico Egitto, dalla Grecia classica e, seppur in parte, da talune contaminazioni che vengono dal lontano oriente.
Ebbe anche rapporti con Giovanni Battista Willermoz, altro discepolo di Martinès de Pasqually, il quale nel 1778, creò il Rito Scozzese Rettificato, ancora oggi praticato.
Durante il periodo nel quale ebbe rapporti con Willermoz, Saint Martin scrisse la sua prima opera “Degli Errori e della Verità. In questo ambito temporale Saint Martin, inizia a distaccarsi dalla operatività per così dire magica per avvicinarsi a un percorso avente una operatività che potremmo definire “interiore”, attraverso il quale ricercare il contatto diretto con i piani superiori.
Ebbe peraltro una breve partecipazione al movimento massonico che utilizza il Rito Rettificato, dal quale appunto si distaccò.
Louis-Claude de Saint-Martin ancora oggi rimane una figura di rilievo, che desta un vivo interesse fra gli studiosi dei diversi ambiti cosiddetti esoterici, che propone una modalità che correla il desiderio di evolversi alla crescita spirituale.
Sono stati molti i vari studiosi che hanno cercato di catalogare quelli che sono poi in pratica i suoi insegnamenti, giunti a noi attraverso i suoi scritti, che sicuramente hanno una significativa validità, riguardo appunto la spiritualità non convenzionale, o forse meglio non confessionale.
Qualcuno ritiene che il messaggio di Saint Martin possa essere riferita all’essere unico, matrice di ogni aspetto della manifestazione. Un qualcosa che ci fa pensare all’Ain, Ain Sof e Ain Sof Aur di cabalistica memoria o all’emetismo e il suo misterium magnum.
Dal che si potrebbe sostenere che Saint-Martin pensasse anche a una sorta di panteismo espresso con il linguaggio del tempo, ovvero il linguaggio cristiano.
Altri invece, e non sono pochi, pensano che Saint Martin maturi e derivi la sua linea di pensiero da quello di Jacob Böhme e anche da Swedemborg.
In realtà il pensiero di Saint Martin appare, a mio parere, più ampio e non circoscritto come prima ipotizzato, in quanto sono altresì importanti i suoi riferimenti alla alchimia e alla gnosi.
Peraltro, tali diverse sfaccettature non sono certamente in contrasto fra di loro, ma possono essere considerate un tentativo di rappresentare una sorta di sintesi dei diversi linguaggi tradizionali.
In realtà siamo di fronte a un lascito originale, almeno nella forma, improntato peraltro a “leggerezza”, naturalmente intesa come proposizione assolutamente non dogmatica e parimenti non caratterizzata da una sorta di integralismo.
Forse proprio questo ne ha perpetuato il pensiero e, forse, la sua attualità.
Pensiero che ha indicato quella che viene orami generalmente chiamata “via cardiaca”, la via dell’intuizione, ovvero del sentire, non mediata dalla razionalità e dai vari dogmatismi, palesi o più o meno occulti.
Quindi un pensiero che consente di creare in ognuno lo sviluppo del suo sacer interiore, che, poi, anche attraverso l’elaborazione promossa da Papus e da altri, è arrivata a noi come una metodologia che comprende un lavoro sia collettivo che individuale.
Naturalmente non dobbiamo dimenticare che Saint Martin è stato, altresì, anche il segretario e l’allievo di Martinez de Pasqually, il quale, come noto, ha esplorato e praticato anche ambiti teurgici e le modalità relative a tale contesto.
Del pari va rammentato il rapporto che il nostro ha avuto con Gian Battista Willermoz.
Ma al di là di questo, rimane fondamentale, e questa è la sua peculiarità, il suo essere Uomo di Desiderio, ovvero la sua capacità, quasi istintuale, di cercare la propria luce interiore, comprensiva dell’insegnamento per così dire maestro-allievo.
Ma a cosa ci riferiamo, riguardo il suo lascito, quali sono le Sue opere, che in realtà sono il postulato del Suo insegnamento, dal quale si possono individuare anche le gradualità del percorso iniziatico che si rifà a Saint Martin?
Certamente da questo punto di vista possono essere considerati sia L’Uomo di Desiderio, Ecce Homo e l’Uomo Nuovo, tre libri composti dal 1790 al 1792.
Nell’Uomo di Desiderio, si può trovare “l’invito”, ovvero l’indicazione volta far comprendere la necessità di ricercare la propria reintegrazione e la necessità di ricercare il divino.
In Ecce Homo, Saint-Martin ci indica che la reintegrazione può essere ottenuta con attraverso un lavoro su noi stessi, attraverso il quale per l’appunto reintegrarsi ed armonizzarsi, quasi a fondersi con l’assoluto, attraverso una crescente consapevolezza.
Nell’Uomo Nuovo, viene indicata l’importanza del percorso intrapreso, finalizzata alla completa reintegrazione, il tutto ottenuto, ovvero quanto meno ottenibile, anche attraverso la meditazione, intesa anche come contemplazione, finalizzata a ritrovare l’essere umano incontaminato, nel quale coesistono in modo non conflittuale le capacità intuitive e quelle riferite alla razionalità, che caratterizza la vita quotidiana di ognuno di noi.
Modalità operativa favorita dalla meditazione sugli archetipi simboli, che consentono un’azione interiore che ci avvicina al numinoso.
Grazie a questi lavori, comprendiamo come Saint Martin ci indica la via volta alla nostra elevazione, grazie alla quale attiviamo le nostre potenzialità latenti, in genere sostanzialmente atrofizzate.
Cosa questa che ci consente il raggiungimento di un corretto equilibrio e serenità, derivati anche dalla consapevolezza riguardante sia la vita quotidiana, sia riguardo la capacità di confrontarsi con la manifestazione ed indirettamente con l’Ente essente.
Naturalmente siamo di fronte a un percorso che richiede un impegno, che ricomprende anche la preghiera, modalità quasi dimenticata nel mondo occidentale, che ai nostri giorni può apparire poco comprensibile, se non addirittura considerata una vetusta superstizione.
Grazie a Saint Martin, naturalmente attraverso le parole giunte a noi con le sue opere, possiamo anche trarre spunti ed insegnamenti, che ci aiutano a superare il conflitto tra misticismo e pensiero per così dire filosofico, compreso quello meramente scientifico, che solitamente consideriamo fra di loro separati e inconciliabili.
Saint-Martin, con la sapiente maestria, caratterizzata anche da una rara delicatezza, ci invita così verso quello che chiamiamo anche mistero, senza spingerci o addirittura coartarci. Forse questa è la valenza del suo magistero, che si pone al di là delle contingenze temporali, in quanto si pone al di fuori del linguaggio convenzionale, trasmettendo in realtà parole che diventano simboli.
Simboli che per loro natura parlano direttamente al cuore dell’uomo, senza l’intermediazione della parola, che, come sappiamo, è uno strumento che appare sovente approssimato e relativo, certamente poco idoneo a parlare al nostro sé superiore ed aiutarci nell’ascensione della scala che ci porta verso l’empireo che è dentro ciascuno di noi.
- per gentile concessione del Nuovo Giornale Nazionale
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