La via del cuore di Louis-Claude de Saint-Martin
Quando si parla di «via cardiaca» si è soliti citare la celebre frase di Saint-Martin: «… la sola iniziazione che predico e che ricerco con tutto l’ardore della mia anima, è quella attraverso cui possiamo entrare nel cuore di Dio e far entrare il cuore di Dio in noi…». Ci è parso utile proporre ai lettori del nostro bollettino questo testo nel suo insieme e di ricollocarlo così nel suo contesto. Ciascuno avrà così il piacere di meditare su questo testo fondamentale della tradizione martinista. È estratto da una lettera indirizzata da Louis-Claude de Saint-Martin, il 19 giugno 1797, a Kirchberger, Barone di Liebistorf, membro del Consiglio sovrano della Repubblica di Berna. L’insieme della corrispondenza tra questi due uomini è stato pubblicato da L. Shaker e ALP. Chuquet per le edizioni Dentu nel 1862.
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L’amicizia che ci lega, mio caro fratello, sarebbe un ben valido motivo per determinarmi a partire, se la volontà illuminante si degnasse di sancire il viaggio; in quanto le ragioni filosofiche che mi impegnate a considerare, non possono più apparirmi oggi perentorie come sarebbe stato possibile per il passato. Le conoscenze che un tempo potevano essere trasmesse con lettere, concernevano istruzioni che talvolta poggiavano su consuetudini e cerimonie misteriose, di cui tutto il merito consisteva nell’opinione e nell’abitudine piuttosto che su un’effettiva importanza e che, talvolta infatti, poggiavano su pratiche occulte ed operazioni spirituali, di cui sarebbe stato pericoloso trasmettere i procedimenti al volgo o a uomini ignoranti e malintenzionati; l’oggetto che ci occupa, non poggiando su simili basi, non è pertanto esposto a simili pericoli; la sola iniziazione che predico e che ricerco con tutto l’ardore della mia anima, è quella attraverso cui possiamo entrare nel cuore di Dio e far entrare il cuore di Dio in noi, per realizzarvi un matrimonio indissolubile, tale da farci l’amico, il fratello e la sposa del nostro divino Riparatore. Non vi è altro mistero per giungere a questa santa iniziazione che affondare sempre più nelle profondità del nostro essere, e non mollare la presa sin quando non perveniamo a trarne le vive e vivificanti radici perché allora tutti i frutti che dovremo portare, secondo la nostra specie, si produrranno naturalmente in noi e al di fuori di noi, come vediamo accadere per i nostri alberi terrestri, in quanto aderenti alla loro specifica radice, e che non cessano di aspirarne il succo. Così mi sono espresso in tutte le mie lettere e sicuramente, quando sarò alla vostra presenza, non potrò comunicarvi misteri più vasti e più adatti a progredire. E tale è il vantaggio di questa preziosa verità che la si può far circolare da un’estremità all’altra del mondo, e farla risuonare in tutte le orecchie, senza che quelli che l’ascolteranno ne possano trarre altro risultato che metterla a profitto; o tralasciarla, senza escludere tuttavia gli sviluppi che potrebbero nascere dai nostri incontri e conversazioni, ma di cui siete già abbondantemente provvisto attraverso la nostra corrispondenza, ed ancor più attraverso i minuziosi tesori del nostro amico B… (J. Boheme) di cui in coscienza non posso credervi in carestia, e tanto meno lo sarete in avvenire se volete valorizzare le vostre eccellenti qualità.
È con lo stesso spirito che vi risponderò sui diversi punti che mi esortate a chiarire delle mie nuove iniziative. Per la maggior parte questi punti concernono precisamente quelle iniziazioni attraverso cui sono passato nella mia prima scuola, e che ho abbandonato da molto tempo per dedicarmi alla sola iniziazione che sia veramente secondo il mio cuore. Se vi ho parlato di quei punti nei miei vecchi scritti, questo accadde nell’ardore di quella gioventù, e per il dominio che aveva assunto su di me la quotidiana abitudine di vederli trattare e preconizzare dai miei maestri e dai miei compagni.
Ma potrei men che meno, oggi, allontanare qualcuno da un soggetto, visto che me ne distolgo sempre più; inoltre, sarebbe perfettamente inutile per il pubblico che da semplici scritti non potrebbe in effetti ricevere al riguardo sufficienti lumi, e che peraltro non avrebbe nessuna guida per orientarvisi: Questo genere di lumi devono appartenere a quelli che sono chiamati a farne uso dall’ordine di Dio e per la manifestazione della sua gloria; e quando vi sono chiamati in questo modo, non v’è da preoccuparsi per la loro istruzione, in quanto ricevono allora senza alcuna difficoltà e senza alcun punto oscuro mille volte più nozioni, e nozioni mille volte più sicure di quelle che un semplice appassionato come me potrebbe dar loro su tutte quelle basi. Volerne parlare ad altri, e soprattutto al pubblico, è volere in pura perdita stimolare una vana curiosità, e voler lavorare più per la gloria dello scrittore che per l’utilità del lettore; ebbene, se ho avuto torti di questo genere nei miei scritti, ne avrei ancor di più se volessi persistere nel continuare su quella via: così, i miei nuovi scritti tratteranno molto di questa iniziazione centrale, che attraverso la nostra unione con Dio può insegnarci tutto ciò che dobbiamo sapere; e molto poco dell’anatomia descrittiva di quei punti delicati sui quali desiderereste che volgessi il mio sguardo, e di cui non dobbiamo far conto che per quel tanto che si trovano compresi nel nostro ministero e nella nostra somministrazione…
«Il mio compito in questo mondo
è stato di condurre lo spirito dell’uomo
attraverso una via naturale
alle cose sovrannaturali
che gli appartengono di diritto,
ma di cui ha totalmente perso l’idea,
sia per la sua degradazione,
sia per il falso insegnamento
dei suoi istruttori…»