Evola il maestro che non ebbe discepoli
“ Vi era una certa antitesi fra le due predisposizioni. Mentre l’impulso alla trascendenzaingenerava un senso di estraneità per la realtà e quasi il desiderio di una liberazione o diun’evasione, non esente da sfaldamenti mistici, la disposizione del KSHATRIYA mi portavaall’azione, all’affermazione libera centrata sull’Io. Può darsi che il contemperare le duetendenze sia stato il compito, esistenziale, fondamentale di tutta la mia vita. Assolverlo, edevitarlo, mi è stato possibile nel punto in cui giunsi ad assumere l’essenza dell’uno e dell’altroimpulso su di un piano superiore. Nel campo delle idee, la loro sintesi sta alla base dellaformulazione precipua, da me, data nell’ultimo periodo della mia attività, alTRADIZIONALISMO, in opposto a quella più intellettualistica ed orientaleggiante dellacorrente facente capo a RENE’ GUENON”. Queste parole, poste all’inizio de IL CAMMINO DEL CINABRO, considerato come una guida attraverso i suoi scritti e le sue idee, vera e propriaautobiografia spirituale, inquadrano esattamente la figura di Julius Evola, un autore relegato,dal conformismo ufficiale, ai margini della cultura italiana contemporanea di cui, soltanto dapoco, si parla un po’ oggettivamente. Ciò, perché Evola è il maggior outsider della nostra civiltàintellettuale, nel senso più realistico del termine. Era proprio “un fuori luogo”-“In genere,occorre considerare il fatto che ho dovuto aprirmi la via da solo. – Non ho avuto l’aiutoinapprezzabile di cui, in altri tempi ed in un diverso ambiente, poté usufruire, nello svolgereun’analoga attività che, fin da principio, era direttamente collegato ad una tradizione viva. -Quasi, come un disperso, ho dovuto cercare diriconnettermi, con i miei soli mezzi, ad unesercito allontanatosi, spesso, attraversando terre infide e perigliose; un certo collegamentopositivo essendosi stabilito solo a partire da un dato periodo. Nella sua parte essenziale e valida,ciò che ho sentito di dovere esprimere appartiene ad un mondo diverso da quello in cui mi sonotrovato a vivere. – In un primo momento, a guidarmi è stato solo un orientamento congenito : lachiarificazione e la precisazione delle idee e degli scopi sono venute, successivamente, conl’ampliarsi delle mie esperienze e delle mie conoscenze” (Il Cammino del Cinabro). Chi, in Italiae prima di Evola, aveva mai parlato di TRADIZIONE? E, poi, di quale Tradizione? – Tuttalpiù cisi rifaceva ad una TRADIZIONE RISORGIMENTALE. Chi mai, prima di Evola, aveva tentatodi dare una visione complessiva di una storia morfologica dell’umanità, avendone, comeprospettiva , la decadenza, l’involuzione, in un mondo, già all’inizio del secolo, affascinatodall’evoluzionismo darwinista? – Chi mai aveva cercato, su tutti i piani, dall’artistico alfilosofico, dal religioso al politico, dall’esistenziale al sessuale, di dare un’interpretazione di tipo“spirituale”, complessiva ed articolata, spinta verso l’ALTO, in cui si fondessero unatteggiamento contemplativo ed uno attivo, il desiderio di allontanarsi da un mondo in cui ci sisentiva estranei e l’intenzione di esserne parte attiva per cambiarlo? Nessuno, credo. Si può direche questa figura di pittore e teorico della magia, editore di riviste ed alpinista, uomo di mondoed esploratore delle più antiche tradizioni, appassionato di ricerche bibliografiche efrequentatore di salotti della nobiltà, esponente di un “SUPERFASCISMO” ideale e di unateoria della “RAZZA” su tre livelli, propugnatore dell’“INDIVIDUO ASSOLUTO” e del“CAVALCARE LA TIGRE” nel mondo moderno, di instancabile viaggiatore nelle capitalieuropee, tra le due guerre, e di“MAESTRO”, di autore di poesie dada e di violente polemichegiornalistiche, abbia costituito un evento unico, nella cultura italiana e, quindi,praticamenteimpossibile da sistemare nel casellario di tanti critici ed intellettuali abituati a pensare secondoschemi prefissati. Chi non rientra in questi schemi non esiste. Per quanto si possa cercare tra inomi degli intellettuali ritenuti autorevoli e famosi, su vari piani culturali, nessuno è stato, alcontempo, uomo di pensiero e di azione come lo è stato Julius Evola. Soprattutto un pensiero edun’azione che hanno avuto come punto di riferimento una Tradizione di cui egli si consideravaportatore nell’ ”ITALIA DEL NOVECENTO”. Il barone,GIULIO CESARE ANDREA EVOLA,nacque a Roma, il 10 maggio 1898, da una famiglia di origini siciliane. Nei suoi primi scritti,poetici e teorici, assunse lo pseudonimo di “JULIUS”, che si voleva rifare sia alla culturafrancese sia alla Roma classica, e si firmava con il monogramma “J”. Le sue iniziali “JE”, infrancese, infatti, si traducono “Io”… Fu sedotto dalla cultura, più contestataria degli Anni Dieci:Marinetti ed il Futurismo,Papini e LACERBA,Tzara ed il Dadaismo, e, dalla filosofia piùspregiudicata dell’epoca : Nietzsche, Weininger Michelstaedter e Stirner. A 19 anni partecipò allaprima guerra mondiale, come ufficiale d’artiglieria e, già allora, riteneva positiva la strutturapolitico-costituzionale degli IMPERI CENTRALI, quindi, la sua non fu una scelta“nazionalistica”, ma, non vi si sottrasse poiché considerava la “guerra” un’esperienza cheandava fatta, un cimento personale. Militare, cominciò a scrivere la sua opera filosoficaconclusa nel 1924 :“TEORIA E FENOMENOLOGIA DELL’INDIVIDUO ASSOLUTO”apparsa, in due volumi, nel 1927 e nel 1930 presso Bocca. Proponendo l’ “IDEALISMOMAGICO”, Evola, tentava un superamento della dualità “IO non IO” e dell’idealismo classico diCROCE e GENTILE con i quali fu in polemica ma, anche, in contatto epistolare. Nel pensieroevoliano c’era una chiara influenza della filosofia orientale, quella dei TANTRA, conosciutaattraverso i libri di Sir JOHN WOODDROFFE, che si firmava “ARTHUR AVALON” con ilquale fu in contatto epistolare e le cui idee divulgò con “L’UOMO COME POTENZA” (Atanòr,1926). Dal 1917 al 1921, il giovane Evola fu molto attivo nel campo poetico ed artistico;Futurismo e Dadaismo gli apparvero come una possibilità di opporsi al conformismo ed almoralismo della borghesia; cercava di stupire ed accadeva che si presentasse, nei salotti dellaCapitale, con le unghie laccate, secondo i canoni dello stile dada… Aveva grande successo con ledonne e fu al centro di un mondo esoterico-mondano, come ci narra SIBILLA ALERAMO nelromanzo “AMO DUNQUE SONO” (Mondadori, 1927) in cui lui, Giulio Parise ed altri sonodescritti con pseudonimi. Partecipò a mostre ed a … polemiche. Viene, oggi, considerato ilmassimo, e forse unico, vero esponente di Dada in Italia. Quelli, dal 1923 al 1939, furono glianni in cui iniziarono le frequentazioni di ambienti occultistici, spiritualistici ed esoterici ai qualigiunse, forse, tramite la conoscenza di personalità quali GIOVANNI COLAZZA, ARTUROREGHINI, GIULIO PARISE, EMILIO SERVADIO, ANICETO DEL MASSA, ARTUROONOFRI e GIROLAMO COMI, tutti artisti dada o futuristici. Fra teosofi e kremmerziani,pitagorici ed antroposofi, Evola, scelse la sua via personale e respinse le posizioni che nonritenne possibile condividere; come l’arte e la Tradizione, qui, la magia e ribellione contro ilmondo. Collaborò ad ULTRA, BILYCHNIS, IGNIS ed ATANOR; fondò e diresse i fascicolimensili di Ur (1927-28) e, nel 1929, a causa di una scissione nel gruppo diede vita a Krur. Unarisistemazione di quelle esperienze, uniche nel loro genere, è riunita in “INTRODUZIONEALLA MAGIA” (Bocca, 1955 – Ed. Mediteranee 1971). Magia,“quale scienza dell’Io”, aperturaverso l’alto non priva di pericoli, un tentativo di mutare “status interiore” ricorrendo a teorie siaoccidentali che orientali. Il che, dagli Anni Trenta agli Anni Sessanta, venne semprerimproverato ad Evola, tanto che veniva definito “il MAGICO BARONE”, e tanto malignamenteche gli fu affibbiata la nomea di portare male… questa è l’Italia che pretende di essere concreta epositiva… L’attività di Evola ebbe una svolta all’inizio degli anni Trenta: da un lato iniziarono leesplorazioni del “MONDO DELLA TRADIZIONE”, dall’altro aumentarono gli interventi neldibattito culturale. La TORRE uscì, in dieci fascicoli, dal febbraio al giugno 1930 e si fregiavadel sottotitolo : “FOGLIO DI ESPRESSIONI VARIE E DI TRADIZIONE UNA”. ScrivevaEvola : “… del fascismo accettiamo quel che si collega alla Tradizione e ne proponiamo ilsuperamento, un andare oltre verso una specie di superfascismo…” Evola non aveva affattouna buona fama, infatti, due anni prima, erano scoppiate polemiche molto accese intorno al suo“IMPERIALISMO PAGANO” (Atanòr, 1928), fortemente critico nei confronti delCristianesimo, e, nel quale metteva in guardia il regime dal cadere nelle mani della religionedominante.Questo, alla vigilia del Concordato, non sembrò molto opportuno. L’esuberanteautore non poté essere difeso nemmeno da GIUSEPPE BOTTAI, suo commilitone, e, che avevapubblicato gli articoli originali sulle pagine di “CRITICA FASCISTA” dallo stesso diretta.Illibro lo mise in contrasto con Arturo Reghini, che aveva già usato lo stesso titolo del libro in unarticolo di anni prima – da ciò derivò anche la crisi di Ur. Sulle pagine de “La Torre” c’era ilnucleo originale dei libri che Evola pubblicò, successivamente, presso Laterza per interessamento, sorprenderà, di BENEDETTO CROCE, testi che indagavano nel mondo deisimboli primordiali e dell’esoterismo LA TRADIZIONE ERMETICA (1931), IL MISTERO DELGRAAL (1937), mentre una netta posizione critica nei confronti delle correnti pseudo-spiritualidell’epoca, che sono quelle tuttora imperversanti, uscì, presso Bocca, nel 1932: MASCHERA EVOLTO DELLO SPIRITUALISMO CONTEMPORANEO.Attività intensa, varia edanticonformista, le collaborazioni giornalistiche ed i saggi su riviste di studio erano spesso unacritica “dall’interno” del fascismo in nome di una visione del mondo superiore e “tradizionale”con lo scopo di “rettificare” quelle che Evola riteneva storture ideologiche e culturali. Si pensialla polemica sulla “romanità” che ebbe con gli storici ufficiali, per far valere una concezionespirituale ed esistenziale del simbolo di Roma che andava per la maggiore, o, la costante criticaall’idealismo gentiliano ed alla filosofia dello “Stato etico”, o, il tentativo di imporreun’interpretazione corretta dell’idea di ”razza”, in netta contrapposizione al biologismo diALFRED ROSEMBERG e dei suoi seguaci italiani. L’opera più impegnativa del suo enormerepertorio “RIVOLTA CONTRO IL MONDO MODERNO”, uscì nel 1934 presso Hoepli dopoche venne, invano, proposta a Laterza; si tratta di un’opposizione attiva alla “contemporaneità”in nome di una Weltanschauung antiprogressista ed antimaterialista.L’opera rientra in quella“letteratura della crisi” così tipica del periodo interbellico, ma, è assai diversa da quelle diSPENGLER, BENDA, HUIZINGA, MASSIS, KEYSERLING e GUENON.Tratta una sorta distoria della decadenza della civiltà seguendo lo schema dedotto dalla teoria delle quattro età,comune ad Oriente ed ad Occidente, ricostruendo, in termini propositivi “il mondo dellaTradizione” ed, in termini critici “il mondo moderno”.Nonostante la giovane età – 36 anni -resta la sua opera principale che perdurerà, sostanzialmente immutata, nei successivi quarantaanni. L’eco, nella cultura ufficiale italiana, allora ed in seguito, non fu certo larghissima.TRA LE ROVINELa posizione di Evola, all’interno della cultura fascista, era eterodossa, e, pur scrivendo su giornaliufficiosi come “Il Corriere Padano” di Italo Balbo ed “Il Regime Fascista” di Roberto Farinacci, sulquale curò, tra il 1934 ed il 1943, una pagina speciale intitolata “DIORAMA FILOSOFICO” doveinvitò esponenti tradizionalisti di tutta Europa, e su mensili come “LA VITA ITALIANA” e “LOSTATO”. Su queste testate sviluppava le proprie idee comprese quelle sulle diversità di razza esulla tripartizione : “CORPO, ANIMA, SPIRITO”. Nè ricavò l’ostilità degli ambiente ufficialitedeschi e, dopo il 1938, italiani, come, oggi, rivelano documenti segreti del Ministero degli Esteridel Reich e della Ahnenerbe riportati recentemente alla luce. Pubblicò, quindi, IL MITO DELSANGUE (Hoepli, 1937) e SINTESI DELLA DOTTRINA DELLA RAZZA (Hoepli, 1941),entrambi accolti criticamente, anche se Mussolini, dopo aver letto il secondo, ne convocò l’autore aPalazzo Venezia, nel settembre 1941, dicendogli : “E’ il libro che ci occorreva!” L’idea che lospirito informasse di se il corpo e che fosse quello l’elemento essenziale e distintivo chedifferenziava una stirpe dall’altra, è la logica conseguenza dell’idea che Evola aveva dell’essereumano e delle forze che spingevano, dall’interno, le diverse culture umane. Nonostante ladecadenza inevitabile, dovuta ai cicli temporanei, i popoli potevano tentare di opporsi ad essarisuscitando simboli tradizionali, basandosi su determinati miti, come spinta propulsiva, per unsussulto d’orgoglio e di dignità, per fare, come collettività e come singoli, quel che doveva esserefatto in quel dato momento storico, indipendentemente dalle possibili conclusioni positive. E’ laregola dell’ ”IMPERSONALITÀ’ ATTIVA”, fatta propria da Evola. In piena guerra, chiese diandare volontario al fronte, ma, gli fu opposto rifiuto perché non iscritto al Partito NazionaleFascista. Nel 1943 uscì, presso Laterza, “LA DOTTRINA DEL RISVEGLIO”, un saggio sull’ascesibuddhista, in cui si presentava la vocazione attiva e guerriera di un buddhismo dalle originitutt’altro che “pacifiste”. Se si vuole un contributo per la fortificazione interiore di una Nazione inlotta, sarebbe opportuno averne profonda conoscenza. L’8 settembre lo sorprese a Roma, si avviòverso il Nord, per non essere arrestato e, fu uno dei pochi ad accogliere Mussolini nel quartieregenerale di Hitler, dopo la liberazione dal Gran Sasso. Per l’occasione, le firme dei presenti venneroapposte sulla carta che avvolgeva una scatola di sigari, una cui riproduzione è stata anche pubblicata negli Anni Cinquanta. Incaricato di missioni speciali, sia a Roma che a Vienna, qui, si trovòcoinvolto, per strada, in un bombardamento poco prima dell’arrivo dei russi nella Capitale austriaca,il 6 aprile 1945. Venne sbalzato da uno spostamento d’aria. “A dire il vero – spiega nel Camminodel Cinabro – il fatto non fu privo di relazione con la norma, da me già da tempo seguita, di nonschivare, anzi, di cercare i pericoli, nel senso di un tacito interrogare la sorte”. Una lesione almidollo spinale provocò una irrimediabile paresi agli arti inferiori. Svegliandosi, la prima cosa chechiese fu che fine avesse fatto il suo monocolo… L’alpinista, il nomade d’Europa, l’uomo di societàsi trovò bloccato in un letto d’ospedale a Vienna; nel 1948, grazie alla Croce Rossa Internazionale,venne trasferito a Bologna. Nel 1950, rientrò nella sua casa di Roma. “Quei cinque anni furono“tempo d’arresto” anche se “nulla cambiava”, tutto si riduceva ad un impedimento puramente fisicoche, a parte i fastidi pratici e certe limitazioni di vita profana, poco mi toccava, la mia vita e la miaattività spirituale ed intellettuale non essendone, in alcun modo, pregiudicate o modificate”. Nonsolo rientrò in contatto con vecchi amici che lo aiutarono da lontano, anche materialmente, comeGirolamo Comi e Massimo Scaligero, ma rivide ed adattò un’antologia di scritti di J.J.Bachofen giàapprontata agli inizi degli anni Trenta. (LE MADRI E LA VIRILITÀ’ OLIMPICA, Bocca, 1949),risistemò il materiale di Ur e Krur che uscirà, poi come INTRODUZIONE ALLA MAGIA QUALESCIENZA DELL’IO, in tre volumi (Bocca, 1955-56), riscrisse ex novo, tanto da farne un’operadiversa, il giovanile libro sui TANTRA che divenne LO YOGA DELLA POTENZA (Bocca, 1949),rivide LA RIVOLTA CONTRO IL MONDO MODERNO (Bocca 1951), rivide anche LA TEORIADELL’INDIVIDUO ASSOLUTO che sarebbe uscita solo nel 1973 presso le Edizioni Mediterranee,effettuò parecchie traduzioni che offrì a vari editori, tra cui Laterza, che non videro mai la luce,probabilmente, per pregiudizi “politici” sul suo nome. Evola scrisse a Girolamo Comi, il 20 aprile1948, che si era ritrovato in un “mondo di rovine”, sia materiali che spirituali. Che fare se nontentare di riuscire a restare in piedi tra di esse? Di fronte ad una decadenza del mondo moderno,precipitosa ed inarrestabile, ecco la necessità di fornire armi intellettuali, spirituali e metodologicheper affrontare una nuova fase di civiltà. Si spiegano così i motivi per cui venne riscritto Lo Yoga evennero riproposte le teorie di Bachofen e di Ur-Krur. I Tantra venivano visti, da Evola, come unadelle poche dottrine utili per affrontare il Kali yuga, l’età ultima. E’ comprensibile che partendodagli “undici punti di “ORIENTAMENTI”, venissero sviluppati dei saggi, di maggiore ampiezza,che fornissero gli strumenti per restare se stessi in quel “mondo di rovine”. Evola mise mano, quasicontemporaneamente, a due libri tra loro complementari : il primo era una specie di manuale per chivolesse affrontare la lotta politica, s’intitolò, appunto, GLI UOMINI E LE ROVINE (Ed.dell’Ascia, 1953); il secondo che proponeva “una serie di comportamenti, per un tipo umanodifferenziato, in un’epoca in dissoluzione, apparve, otto anni dopo, come CAVALCARE LATIGRE (Scheiwiller,1961), titolo che richiama il detto orientale : “CAVALCA LA MODERNITÀ’SENZA PARTI SBALZARE AL SUOLO, ASSORBI I VELENI TRASFORMANDOLI INFARMACI, AFFRONTA I MALI E LE BRUTTURE SENZA CONTAMINARTI E SENZACHIUDERTI IN UNA TORRE D’AVORIO”. Con METAFISICA DEL SESSO (Atanòr, 1958) sicompleta una trilogia ideale di tipo esistenziale; vi si danno gli stessi insegnamenti sul pianodell’eros interpretato in un modo “tradizionale”, come la “più grande forza magica del mondo”,indicando la strada necessaria per non farsene travolgere e, totalmente, condizionare, in una societàche stava facendo già il suo fine ultimo, e, per elevarlo di livello in modo che anch’esso costituisseuna via verso la conoscenza e non uno strumento di abbrutimento. Nella sua abitazione romana, diCorso Vittorio Emanuele 197, dove viveva in affitto e sopravviveva con la sua pensione di invalidodi guerra, Evola, traduceva libri, scriveva articoli e saggi, riceveva amici giovani e vecchi, curiosidella sua attività che l’intelighenthia italiana continuava, praticamente, ad ignorare od a respingere apriori, accoglieva tutti fra il serio ed il faceto, inforcava il monocolo, faceva dell’ironia su se stessoe su quelli che definiva gli “evolomani”, cioè, gli acritici seguaci delle sue dottrine. Riscoperto,come unico vero esponente del Dadaismo italiano, da ENRICO CRISPOLTI, nel 1963, in quellostesso anno, oltre al citato “Cammino del Cinabro”, aveva visto ristampare da Scheiwiller il suoprimo poemetto in francese LA PAROLE OBSCURE DU PAYSAGE INTERIEUR, mentre nel1964, da Volpe, sarebbe uscito un saggio interpretativo su IL FASCISMO, in seguito, ampliato edintitolato : IL FASCISMO VISTO DA DESTRA. Si giunge al fatidico sessantotto, con l’esplosione della “contestazione globale” anche nelle università italiane. In quell’anno apparve laraccolta di saggi L’ARCO E LA CLAVA (Scheiwiller), mentre l’anno prima era uscita la nuovaedizione de “Gli uomini e le rovine”. Evola compiva giusto 70 anni ed alcuni articoli ed un libricinodi ADRIANO ROMUALDI ne presentarono, per la prima volta, criticamente, il pensiero. Di fatto ilnome di Evola si affiancò, non volendo, a quello di Marcuse, anche se la stampa se ne accorse benpoco ma, la pubblicazione o ripubblicazione, sin dal 1973, di una dozzina di sue opere sta aconfermare il favore che ebbe presso i giovani di varie tendenza. – Non era mai accaduto.Ovviamente le sue idee erano assai diverse da quelle del filosofo tedesco-americano che, alla fine,cadde anch’egli sotto gli strali di coloro che si erano abbeverati alle sue teorie. La “contestazione”di Evola era, infatti, assai più profonda ed andava alle radici dal mondo moderno da cui erano natisia capitalismo che comunismo. Se lo spirito era forte e combattivo, lo stesso non si poteva dire delcorpo; Evola venne colpito da scompenso cardiaco proprio nel 1968 e nel 1970; si trattava di unasituazione endemica che comportava difficoltà respiratorie ed epatiche. Dalla metà del 1973 edall’inizio del 1974, la situazione fisica generale iniziò a peggiorare; perdeva, a poco a poco, leforze, il corpo s’indeboliva, contraeva banali infezioni, soffriva di astenia, mangiava poco emalvolentieri. Era sempre più consapevole che il fisico non lo sorreggeva più. Consideravacompiuta la sua missione ed affermava : “Ho detto tutto. Basta sapermi leggere”. Verso la fine delmaggio 1974 era sempre più debole, e, Martedì 11 giugno, nel primo pomeriggio, Evola, sentendoapprossimarsi la fine, si fece vestire e portare alla sua scrivania di fronte alla finestra : la fece aprire.Da essa si vede il palazzo della Cancelleria e s’intravede il Gianicolo. Reclinò il capo e non simosse più. Così lo trovò il suo medico : “colpito da collasso”. (Cfr. TESTIMONIANZE SUEVOLA, Ed. Mediterranee, 1985, pag. 367). Secondo le volontà espresse, nel testamento olograficodel 30 gennaio 1970, venne cremato, il 10 luglio successivo, a Spoleto e le ceneri furono consegnatealla guida alpina EUGENIO DAVID, suo compagno di scalate negli anni Trenta, e sepolte nellacrepa di un ghiacciaio sul Monte Rosa. Un simbolismo che è inutile commentare. Julius Evola èstato definito : “IL MAESTRO CHE NON AVEVA DISCEPOLI”. E’ esatto. – Ripudiava unascolastica evoliana ed ammonì sempre di proseguire ed avanzare nella strada tracciata che sidiramava secondo innumerevoli linee di ricerca . “Mondo delle origini, sapere primordiale, mito esimbolo, scontro fra diverse visioni del mondo, reinterpretazione della storia, critica delledegenerazioni spirituali, rivalutazione di tutto quanto il materialismo ha degradato, corazzaturadell’Io rispetto al mondo in decadenza in cui si è costretti a vivere, ritorno ad un senso della vitadimenticato, interpretazione di avvenimenti materiali e spirituali alla luce di valori superiori eperenni, utilizzazione del metodo interpretativo simbolico tradizionale nei settori più vari,valorizzazione di idee e di autori messi al bando dalla cultura ufficiale, indicazioni di filosofia divita e di scelte spirituali, resistenza nei confronti di falsi idoli, l’esigenza di essere persona in unasocietà massificata, l’impersonalità attiva come metodo costante in una cultura mercificata,consapevolezza che in un mondo senza vere patrie soltanto un’idea comune è il termine dicollegamento…”. Solo per citare alcuni punti fermi, cui se ne potrebbero aggiungere molti altri che,con il passare del tempo, via via emergono. A trentanni dalla sua scomparsa ci rendiamo conto cheJulius Evola ci ha indicato molteplici direzioni, seguendo le quali si può giungere sicuramente aduna modifica di “Status interiore” per il semplice motivo che esse sono tutte in opposizione con ivalori culturali, intellettuali e spirituali che ci circondano. E’ l’unico pensatore del Novecentoitaliano che, con la sua opera complessiva, si pone su questo piano. Unico nel suo genere, ilpensiero di Evola è stato facilmente equivocato in buona fede e, di regola, male interpretato, incattiva fede. Forse, mentre assistiamo al cadere di numerosi pregiudizi che hanno caratterizzato lamonocultura italiana dell’ultimo mezzo secolo, possiamo sperare in una più giusta interpretazionedella sua visione del mondo.VENT’ANNI DOPOIn quasi 60 anni di attività culturale, Julius Evola, ha scritto una ventina di libri, pubblicato moltecentinaia di saggi e di articoli affrontando tutti i possibili argomenti, dai più complessi ai piùcontingenti, segnandoli tutti con la sua inconfondibile lucidità ed il suo perentorio anticonformismo.