SULL’EQUINOZIO
I Babilonesi e Assiri, come gli Egiziani e le altre nazioni dell’Oriente antico, hanno studiato i fenomeni della natura e della mente umana con l’intento, oltre agli scopi puramente pratici, di allargare il campo delle conoscenze umane. L’astronomia in questo contesto aveva lo scopo di predire il futuro dal movimento degli astri, dalle loro combinazioni e da altri fenomeni che si verificavano nella volta celeste.
Siccome tutta la vita dei babilonesi e degli assiri era permeata di idee e di pratiche religiose le loro scienze erano pervase da concetti e presupposti religiosi. L’astronomia, a titolo di esempio, era talmente pervasa e frammischiata con la religione che spesso è quasi impossibile stabilire dove finisca la religione ed inizi l’astronomia. Non va dunque dimenticato che nella mente dell’assiro e del babilonese religione, astronomia e astrologia formavano un’unità inscindibile.
L’astronomia babilonese e assira era fondata su quella concezione e visione dell’universo che si vuole chiamare astrale. Questa concezione era già stata elaborata dagli antichi Sumeri, aveva avuto un grande sviluppo da parte dei semiti della Mesopotamia e raggiunse il culmine nell’epoca neo babilonese. Allora tutti gli dei si ritenevano rappresentati dalle stelle e costellazioni, e tutto ciò che accadeva sulla terra si credeva prefigurato nella volta celeste, alla quale corrispondeva la terra nelle sue regioni, nei suoi fiumi e nelle sue montagne.
In altre parole: tutto era determinato dal cielo, dagli astri e dalle costellazioni e rispettivamente dalle loro divinità. Quanto intimo fosse il nesso tra gli Dei e le stelle è dimostrato dal fatto che il segno cuneiforme usato per designare il concetto di Dio è l’immagine schematizzata ed abbreviata di una stella. Siccome i movimenti, le posizioni, le combinazioni, le opposizioni delle stelle e delle costellazioni erano tutte gravide di significato per la vita era necessario studiarle bene: ecco il motivo per il quale i Mesopotamici hanno dedicato molto tempo allo studio del cielo. Le osservazioni della volta celeste erano facilitate dalla purezza dell’atmosfera e del paese.
Le così dette ziqquratu (torri templari) si elevavano accanto ai grandi templi ad altezze rispettabili ed offrivano quindi agli astronomi ottimi punti di osservazione. Secondo il concetto babilonese e assiro sopra sta il cielo il Dio Anu, nel mezzo la terra il Dio Enlil, e sotto l’acqua il Dio Ea. Ai due lati opposti della volta celeste si vedono due porte attraverso le quali entra o esce il Dio Sole, che percorre durante il giorno la volta celeste e durante la notte ascende agli inferi.
Nelle stelle la fantasia religiosa degli dei babilonesi e assiri vedeva un gregge, che il dio Anu fa passare ogni notte per il cielo. In questo gregge cinque Arieti saltellano irrequieti di qua e di là: sono questi i cinque pianeti ai quali si aggregarono poi i due astri e il loro numero crebbe a sette. I loro nomi erano: Dilbat (Venere), Sulpa’e (Giove), Bibbu (Mercurio), Mistabbaru-mutanu (Marte), Kaimanu (Saturno), Samas (Sole) e Sin (Luna).
I pianeti più osservati erano il Sole, La Luna e Venere. Dei primi due si osservava il corso, l’apparire e lo sparire della Luna, la sua posizione durante e dopo l’opposizione al Sole. La posizione delle corna lunari rispetto ai pianeti, le eclissi solari e lunari, erano le esaltazioni dedicate al mito della dea della carne, al pianeta Venere. Nel corso della sua via, l’eclittica, il Sole passa per un certo numero di costellazioni note ai babilonesi e la cui preistoria, per così dire, si può rintracciare già ai tempi dei Sumeri.
Tali segni furono chiamati lumase, nome che in origine denotava le trentasei costellazioni principali della sfera celeste. Lo zodiaco fu diviso prima in quattro parti uguali e poi ciascuna di queste, per stabilire corrispondenza perfetta con le dodici parti dell’anno solare, fu ripartita in tre parti di uguale lunghezza. Con questa divisione fu possibile creare i segni zodiacali.
I loro nomi furono presi dalle costellazioni che li contengono, cosicché il segno del Toro, per esempio, si potè denotare mediante l’osservazione delle Pleiadi o della costellazione del Toro o mediante le Iadi più Aldebaran. Un testo di Uruk tratta dei dodici segni zodiacali: Kakkabu agru = costellazione del mercenario = Ariete; Kakkabu zappu = Il ciuffo di capelli ? = le Pleiadi = Toro; kakkabu masu = costellazione del gemello = Gemelli; kakkabu alluttu = Cancro; kakkabu nesu = costellazione del Leone = Leone; kakkabu ser’u = costellazione della Spica = Vergine; kakkabu zibanitu = costellazione della Bilancia = Libra;u kakkabu aqrab = costellazione dello Scorpione = Scorpione; kakkabu maish ussi = costellazione del Sagittario = Sagittario; kakkabu suhurmasu = costellazione della Capra = Capricorno; kakkabu GU.LA = costellazione del gigante = Acquario; kakkabu zibbati = costellazione delle code = Pesci.
Queste sono le dodici membra, parti dello zodiaco, nelle quali la Luna e il Sole camminano. I babilonesi poi divisero ogni segno zodiacale in trenta gradi, e perciò tutto il cerchio fu diviso in 360°. Secondo un loro testo astronomico gli equinozi e i solstizi corrispondono ai punti mediani dei segni Ariete, Cancro, Libra e Capricorno.
La fase equinoziale è il punto d’incontro dell’eclittica con il piano dell’equatore celeste, e anche ciascuno degli istanti in cui il Sole, percorrendo annualmente l’eclittica passa per essi. Noi sappiamo che l’equinozio di primavera cade il 21 Marzo e quello d’autunno il 23 Settembre. Gli antichi erano a conoscenza che la durata del giorno e della notte, al tempo degli equinozi, è uguale in tutti i punti della terra.
Lo zodiaco babilonese passò nell’astronomia greca e romana quando i greci vennero in contatto con le civiltà della Mesopotamia antica dopo che Alessandro il Macedone ebbe conquistato buona parte del Medio Oriente. Nell’epoca seleucidica le dottrine sullo zodiaco ebbero grande sviluppo, ed a ciascuno dei dodici dei principali si attribuirono un mese dell’anno ed un segno zodiacale.
Le stelle coi mesi loro corrispondenti erano registrate negli astrolabi dei quali ci sono pervenuti alcuni esemplari. A quali conoscenze fosse giunta allora l’astronomia è attestato dal Beroso il quale ci ha tramandato che la Luna è un sfera che per metà è rischiarata e per metà è oscura; essa ha tre movimenti diversi: si muove assieme a tutta la volta celeste, assieme ai pianeti e attorno al proprio asse.
Le fasi lunari dipendono proprio da quest’ultimo movimento, e le eclissi sono prodotte dall’ombra della terra quando tutta la parte illuminata della Luna è rivolta verso di essa. Le eclissi del Sole e della Luna, nonché le levate e i tramonti iliaci furono registrati in effemeridi che si compilarono per lo meno dal v secolo a.C. in poi.
Gli astronomi babilonesi conobbero la legge della precessione degli equinozi anche se non con la precisione dei giorni nostri quel fenomeno che, in poche parole, consiste nel fatto che il Sole ritorna nel punto vernale prima di aver compiuto un’intera rivoluzione sull’eclittica così che il suo ritorno all’equinozio di primavera precede il ritorno del Sole alla stessa posizione sulla sfera celeste. Il rito equinoziale è l’operazione di purificazione e di separazione delle forze positive da quelle negative, che in questa fase di retro gradazione hanno la possibilità di influire sull’aura terrestre e nella nostra individuale opera di rigenerazione.