La Tradizione iniziatica occidentale
di Gastone Ventura
Venticinque anni fa moriva Gastone Ventura. Oltre a essere un profondo e fecondo conoscitore dell’esoterismo, Gran Maestro dei Templari Italiani, guida e ispiratore dell’Ordine martinista, Ventura era un uomo di una limpida onestà intellettuale. Non rinunciò mai a difendere le sue idee, anche quando potevano essere scomode e per molti versi difficili da condividere e la lettura delle sue opere è necessaria per chi vuole approfondire la conoscenza di quella che comunemente viene definita “Tradizione Occidentale”. Per rendere omaggio a questo studioso ripubblichiamo uno dei suoi ultimi scritti che rappresentano una sorta di sintesi del suo pensiero.
Aveva ragione da vendere quel Gran Maestro che fu Arturo Reghini, quando affermava: “Oggi si crede che la Verità si possa raggiungere con la discussione e sembra naturale che l’allievo si metta a tu per tu con il maestro, ciò con il presupposto dell’uguaglianza e delle sue derivazioni: libertà, diritti dell’uomo, popolo sovrano, fratellanza obbligatoria, utopie economiche eccetera, tutte cose che hanno minato ogni principio di autorità ogni superiorità spirituale…”1.
A questo proposito mi sembra opportuno, ricordare quanto dice Lao-tzè: “I maestri dei tempi antichi erano liberi e veggenti. Nella vastità della forza del loro spirito, l’io ancora non era, e questa spontaneità della forza interiore dava grandezza al loro aspetto”. Oggi, purtroppo, il maestro dev’essere sciatto, mal vestito, cameratesco se non addirittura umile con tutti e talvolta, deve lasciarsi prendere a manate sulle spalle. Altrimenti non è un maestro ma un tiranno, un “barone”, un essere pieno di se stesso che si crede di essere chissà chi mentre è un uomo che “va al gabinetto come tutti gli altri”. E la parola dei maestri passati e presenti, è posta in dubbio; il diritto “democratico” di discussione l’attacca, la sminuzza, cerca di penetrarla con la forza negativa della polemica e della dialettica,
senza che alcuno si renda conto che la tradizione è una, che non conosce le
questioni democratiche o antidemocratiche perché è tradizione, e che per
affrontare problemi tradizionali è necessario prima, formarsi una mentalità
tradizionale – non mi stancherò mai di ripeterlo – abbandonando anche le scorie della distruttiva antiesoterica mentalità umanistica, positivista, razionalista e collettivista. 1
Ho scritto questo preambolo, non perché mi creda un Maestro ma perché,
pur considerandomi sempre l’ultimo dei novizi, sono stato allievo prediletto di due autentici Maestri e quello che mi sforzo di dire e di scrivere specie quando mi viene richiesto è, ciò che da loro ho appreso e so che è quanto di più vero ci può essere nella ricerca della verità umana.
Sul Sistema iniziatico occidentale e le sue varie branche, si è scritto, riscritto, discusso e dissertato, tralignando su piani che nulla hanno a che fare con
ciò che può essere iniziatico, con riferimenti spesso confusi, e quasi sempre errati, a teorie e a dottrine che con l’Occidente hanno ben poco da dividere e ancor meno con l’iniziazione.
Purtroppo i teosofi, particolarmente quelli dell’ultimo ‘800 e gli attuali, hanno fatto una tale confusione, che chi non ha adeguata preparazione in materia non riesce più a distinguere la realtà dalla fantasia, la tradizione dalla gratuita interpretazione soggettiva, la mistica dalla via del comando e così di seguito. E molti, specie i meno preparati, quelli che amano il mistero, che desiderano acquistar “poteri”, sono quelli che maggiormente si lasciano irretire dalle suggestive fantasie occultistiche dei teosofi, e finiscono in qualche circolo di spiritismo, di radioestesia, o nello studio fine a se stesso dell’astrologia intesa modernamente, dandosi poi arie di saccenti e di uomini che “hanno i poteri”, o di autentici “iniziati” senza rendersi conto che non sono nulla più di ciò che erano prima di avvicinarsi a
quello che ritengono faccia parte dell’occulto, ma sono forse un po’ più ingenui, con un hobby in più.
L’iniziazione tradizionale, in tesa metafisicamente non si interessa di spiritismo, di astrologia di conquista di poteri terreni se non come materia di studio.
Lo scopo della iniziazione – e l’ho detto e scritto molteplici volte – tende a reintegrare allo stato primordiale cioè a riportare l’uomo alla condizione in cui si trovava prima della “caduta”. In merito si parla con troppa facilità di reintegrazione individuale (conquista dei piccoli misteri) e di reintegrazione universale senza rendersi conto che essa rappresenta la conquista di grandi misteri e non, come Ia maggior parte dei sedicenti iniziati sostiene, ingannando coloro che li seguono, la reintegrazione di tutta l’umanità. Io sostengo, e so di essere nel giusto, sull’insegnamento dei maestri, che la reintegrazione sia essa detta individuale, sia
detta universale è sempre una questione personale.
L’universalità è un discorso che riguarda le possibilità di dominio metafisico
del reintegrato e non le pretese populiste, democratiche e collettiviste dell’umanità. Non ci sarebbe bisogno, infatti, di sottoporsi alle difficoltà dell’iniziazione qualora si andasse alla ricerca della via della reintegrazione di tutta l’umanità, dato che esiste la via più semplice, quella devozionale della fede, del “credo in ciò che è assurdo”,
della preghiera, in altre parole della religiosità: basta seguirei dogmi di una religione, mantenersi puri, non 2 peccare, credere, e tutti possono conquistare
il paradiso, cioè ritornare allo stato primordiale di prima del peccato.
La tradizione esoterica, invece, nega che tutti siano in grado di reintegrarsi ma, dati i tempi e la pressoché generale degenerescenza di tutto ciò che fu o si riteneva tradizionale, quei pochi che si potevano ritenere capaci di reintegrarsi, oggi sono diventati, almeno in Occidente, più unici che rari. E per quanto si riferisce alla reintegrazione universale nel senso inteso dai populisti ai quali ho accennato, ammesso che ci sia ancora qualcuno in grado di reintegrarsi in senso tradizionale, per poter giungere a quella reintegrazione universale dovrebbe attendere che tutti i suoi simili morissero senza generare. A meno che non si creda – come pare che si insegni a mezzo di determinate tecniche che nulla hanno di esoterico e di tradizionale ma semmai rientrano nelle riesumazioni settecentesche e pseudo tali di asserite comunità gnostiche, poi modificate con introduzione di invocazioni ed evocazioni che sono state tratte da quelle pubblicazioni rispondenti ai nomi generici di “Grimoires”2 di cui si hanno numerosissimi esempi alla biblioteca dell’Arsenal di Parigi – che i “reintegrati” , avvalendosi dei poteri conquistati possano trasmetterli a coloro che non sono stati capaci di conseguirli; oppure che con determinate operazioni cosiddette teurgiche (vedi sopra) si possa redimere, in senso tradizionale, tutta l’umanità.
È molto probabile che si tratti – tradizionalmente parlando – di suggestioni derivanti da interpretazioni misticheggianti o da teorie politiche innestatesi in una ingenua forma di preteso esoterismo: tutte cose derivanti dalla degenerescenza che ha portato la civiltà tradizionale della razza reale – sacerdotale a quella demetrica del culto della madre per precipitare poi nell’attuale tellurica smania del sesso in funzione puramente animalesca con le conseguenze di cui risparmio l’elenco. O, ancora, sono frutti di un “progresso” derivato, come giustamente osserva Evola, dall’umanesimo, dal conseguente Illuminismo razionalista e dal
derivato collettivismo ateo e materialista in cui ci dibattiamo3.
Conseguenza della caduta dicono i miti che stanno alla base della tradizione, miti che sono la realtà dei tempi antichi esposta per simboli e allegorie. Ma si tratta di una caduta in senso biblico o in senso prometeico, oppure di una caduta – come ho sopra accennato – dovuta al degenerare dell’umanità?
Gli atei materialisti, razionalisti e dialettici sostengono la teoria della evoluzione, ma la tradizione indica chiaramente che c’è stata una involuzione. E anche un profano che osservasse attentamente i suoi simili e guardasse dentro di sé, sarebbe spinto a chiedersi se l’umanità non sia giunta sulle soglie dell’animalità più deteriore.
Di quale caduta si tratta non è qui il caso di chiarire: basti accennare che i miti dell’Occidente parlano degli Eroi e degli Dei (in ciò d’altronde andando d’accordo con i miti hindù, ciò che può 3 essere prova di una matrice unica), di civiltà auree preesistite, mentre la filosofia ebraica dei tempi antichi vede l’età dell’oro nell’avvenire: quello del Messia. I concetti sono quindi diversi.
Vale ricordare che le prime civiltà di Israele e poi quelle di Giuda furono a carattere collettivo, sia pure in forma patriarcale. Le prime civiltà occidentali, invece, quelle ariane e poi tutte le loro derivazioni, furono a carattere sacrale: Re e caste. La diversità derivò dal fatto che mentre la società ebraica aveva una legge particolare derivante da un patto diretto con la divinità, e a questa legge era vincolata per non attirarsi la vendetta del dio se al patto avesse mancato, le società ariane e quelle derivate non avevano un dio personale, ma un Re o un Capo che era emanazione della divinità, con la quale era in diretto contatto tanto da potervisi anche confondere.
Quale sia la reintegrazione da realizzare, dunque, cioè quella sacrale degli
antichi miti occidentali o quella biblico-kabbalistica del mito di Adamo che la tradizione farisaica nega in attesa del Messia è questione che non interessa questo contesto. Interessa invece sapere come e perché tale reintegrazione, nell’una o nell’altra forma, e in tutte quelle derivate, si possa realizzare.
Si possono così indicare – quanto mai sommariamente in un breve articolo – le vie fondamentali dei vari tipi di iniziazione occidentale, o così chiamata (numerosissimi in conseguenza delle civiltà sorte e cessate e stesso assorbite da quelle successive, é dei loro miti, ma convergenti in vie uniche). Vale affermare che esse, come in ogni tradizione, sono due: quella dell’ascesa attiva, detta anche maschia, secca; quella dell’ascesi passiva, femminile, umida.
Tutte due, rifacendosi poi alla Tradizione primordiale, fondamentale, si fondono in quella sacrale androgina del Re-sacrificatore, unico accentratore dei poteri, rappresentante effettivo della divinità quando non egli stesso divinità vivente. A sua volta l’ascesi attiva si divide in due vie: quella contemplativa o interiore, e quella eroica (processo immanente, esteriore e interiore) che si fondano sulla rinuncia. La prima si può classificare di derivazione neo-platonica, plotiniana, o della scuola tedesca di Taulero (Ertwerdung); la seconda è la derivazione nordico-aria (miti di Walhalla, del Mittgart, dell’Asgard sfocianti nel mistero del Graal e nelle conseguenti saghe cavalleresche). Ha affinità con la tradizione della “guerra santa” e della Victoria e trova rispondenza nella tradizione hindù dove è trattata con ampiezza di particolari nella Bhagavad-Gita. Si tratta, in sostanza, non di “andare agli dei” ma di chiamarli a sé.
L’ascesi passiva, nota anche come via umida, è considerata di natura femminile perché si ritiene derivata dal demetrismo e dalle forme degenerescenti che lo seguirono, generalmente devozionali o su tale tecnica basate; le vie per applicarla sono numerose e hanno dato luogo alle infiltrazioni di carattere misticheggianti e alle elucubrazioni teosofiche che hanno pressoché 4 distrutto quanto di esoterico vi rimaneva. Essa si serve generalmente della preghiera e, in genere, va agli dei. E la via derivata dalle speculazioni Metafisiche formulate sotto l’influenza delle religioni rivelate e del dio personale che si interessa delle cose di questo mondo e dei piccoli uomini che lo abitano. Un dio che, per definizione è, buono e che, di conseguenza non si dovrebbe affatto pregare ma chiamare in aiuto, ma che invece si prega e si implora quasi che fosse da temere e non da amare e da imitare. Si potrebbe dire, impropriamente, che è la via per giungere al Demiurgo, mai quella per immedesimarsi nel Creatore.
Questa via, l’unica che attualmente sia seguita in Occidente (salvo casi di palese degenerazione quali per esempio il satanismo che è completamente fuori di ogni tradizione reale) ha, a sua volta pretese di vita attiva e passiva. Si tratta, tuttavia, di pretese essendo completamente scomparso l’elemento eroico, e sopravissuto, in forme degenerate a arbitrarie e spesso puerili, l’elemento sacerdotale che, peraltro, a sua volta sta lentamente scomparendo. Secondo tale via, soltanto chi avrebbe raggiunto il tempio interiore e acquistato poteri sacerdotali, sarebbe in grado di eseguire le operazioni teurgiche che permetterebbero di rilevare o constatare determinate (ma più spesso indeterminate) presenze.
Più in là di tanto – a meno di abbandonarsi a esperimenti metapsichici o addirittura a operazioni occultistiche di tipo moderno come l’illusionismo, l’ipnotismo, lo spiritismo ecc. – non si è riusciti ad andare. Ciò dà l’esatta misura della generale incapacità dell’uomo moderno, e particolarmente di quello occidentale, di seguire le vie tradizionali dell’iniziazione.
Gli scarsi risultati si ottengono poi, non attraverso l’ascesi spirituale col sacrificio di se stessi delle proprie passioni e dei propri desideri, ma applicando pedissequamente regole scritte e attenendosi a rituali e formule o probabilmente adeguati alle esperienze “personali (e quindi tutt’altro che obiettive e reali) di chi li ha ricevuti o ritrovati o addirittura composti. Sicché il risultato dell’operazione non si deve alla preparazione interiore dell’operatore, alla sua capacità di realizzare se stesso, ma alla precisione delle invocazioni e alla immedesimazione dei partecipanti. Non mi dilungo oltre, pur sottolineando che rituali, formule, invocazioni, hanno enorme importanza ma, senza l’ascesi, a poco servono. Chi, poi, è fuori del tempio interiore, non avrebbe neppure queste possibilità: i suoi poteri si ridurrebbero a quelli di chi si comporta bene in linea morale, ama il suo prossimo, lo aiuta, si commuove alla sofferenze altrui e aspira a qualcosa di cui si rende vagamente conto, ma che non conosce. Con ciò acquisterebbe una catena con altri, possibilità che potrebbero avere eco nel piano sovrasensibile ma pur sempre il più vicino a quello sensibile, agendo positivamente o negativamente sugli eggregori vaganti per cui, per esempio, le vibrazioni del
male (male in senso morale) trasmesse nel cosmo dalle pecche dell’umanità, 5 oppure quelle di una malattia, possono
essere ridotte (interferenze di frequenza),
annullate (contrapposizione in ampiezza di frequenza) o addirittura debellate, con la vittoria dell’eggregoro lanciato dalla catena.
È chiaro che siamo molto lontani dalla reintegrazione come la si intende tradizionalmente. Direi, anzi, che la abbiamo assolutamente perduta di vista, invischiati come siamo nella decadenza dell’umanità.
A quest’unica cosiddetta iniziazione dell’attuale mondo occidentale si rivolgono anche gruppi che non seguono affatto né la via detta teurgica (sacerdotale) né quella detta cardiaca (considerata
passiva) com’è il caso di quasi tutte le organizzazioni massoniche. Si tratta nella generalità dei casi, di una via pressoché improducente ai fini strettamente tradizionali ma che, tuttavia può rappresentare, per chi vi si accosti ortodossamente, una scuola del simbolismo che apre orizzonti più vasti di quelli abituali e può servire di preparazione. Un accenno a Dante merita la via alchemica
detta anche, non so con quanta esattezza, via ermetica. È fuor di dubbio che essa tendeva all’ascesi lungo varie sperimentazioni e tecniche particolari tra cui anche quella dell’uso del sesso.
Si tratta, in sostanza, di considerare la
caduta come la divisione del maschile dal femminile (come forze spirituali, come spirito e materia come forma e caos, come volontà e intelligenza, come forza che conquista e potenza che vuol essere conquistata) e la reintegrazione come ritorno all’androgine originario. A tale contesto si collega quanto si riferisce alla Luce del nord e a quella del sud, all’esagramma di Salomone, alla Legge dei contrari.
A tale via si allacciano alcune correnti cosiddette rosacruciane di estrazione europea tendenti, più che mai, alla sola reintegrazione individuale che, una volta raggiunta dovrebbe servire a portare aiuto a determinate cause generalmente catalogabili fra quelle intese a redimere l’umanità. Il che potrebbe dimostrare che tali correnti pur seguendo la tradizione alchemica ne divergono
considerando la realizzazione come potenza umana e terrestre e non come conseguimento della perfezione.
Non ritengo di aver detto cose del tutto nuove, ma spero che l’averle ricordate possa servire da filo d’Arianna a chi si è perduto o sta perdendosi nel labirinto delle speculazioni teosofiche o pseudo sacerdotali, delle operazioni cosiddette teurgiche o in quello della lettura di libri pseudo esoterici in cui la materia è trattata con ragionamenti stile e proposizioni moderni, umanistici o addirittura razionalisti, o ancora a chi – per dirla con Allegri – ha ricevuto la luce elettrica in qualche loggia massonica4.
Note:
1 A. Reghini, Considerazioni sul rituale dell’apprendista libero muratore, Edizioni di Studi Iniziatici, Napoli 1948.
2 Su questi cerchi magici e relative cerimonie “teurgiche” cfr. Nota sulle operazioni teurgiche, in “Bollettino ufficiale dell’Ordine Martinista” n. 2 í972.
3 J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno, Bocca, Milano 1934.
4 M. C. Allegri, Introduzione al segreto massonico, a cura dell’Ordine Martinista, Venezia 1946.